IntervisteInizia la Social media Week 2016. La nostra intervista a Gianfranco Chicco

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Quest’anno la Social Media Week avrà come focus il topic “Tecnologia invisibile”.. Un tema che ci spinge all’analisi della realtà circostante, andando oltre i dati e comportamenti, cercando piuttosto di anticipare evoluzioni future.
Design, Behaviour e Data e poi per la prima volta una sezione dedicata al Food and Wine.

Ci piace raccontare di eventi digital come la SMW, non solo per la loro capacità di arricchire il territorio, ma anche di evidenziarne l’ormai crescita inarrestabile. E insieme a Londra, New York, finalmente è così anche per Milano. Parliamo con Gianfranco Chicco, marketer e digital strategist, e responsabile dei contenuti scelti e trattati durante la SMW.

gianfranco chicco - social

Partiamo da una domanda semplice. Cosa si aspetta da questa nuova edizione della SMW e soprattutto dalla città di Milano?

Da curatore del programma mi aspetto di suscitare l’interesse del pubblico e generare un dibattito costruttivo intorno ai temi trattati. Perché ormai la tecnologia – e quello che succede nel mondo digitale in particolare – non è più materia solo per tecnici. Ha un impatto fortissimo nella nostra vita quotidiana che può essere positivo o negativo dipendendo da come ci rapportiamo con essa. La crescita della cultura digitale dell’Italia è la chiave per aprire le porte a nuovi sviluppi economici, sociali e culturali in un mondo in cui ogni giorno c’è sempre meno differenza tra mondo fisico e mondo digitale, ormai strati inseparabili di un’unica realtà.

Qual è oggi la nostra percezione della tecnologia, invisibile perché parte integrante delle nostre azioni o perché le determina?

Entrambe. Spesso ci accorgiamo dell’aspetto fisico della tecnologia, si tratti dello smartphone che abbiamo in mano o del gps in macchina, ma va oltre. Ci sono algoritmi che rispondono alle nostre ricerche online, che ci suggeriscono quale musica ascoltare o quali film vedere e a quali notizie dovremmo prestare attenzione. Questi algoritmi però sono stati creati da qualcuno e capire come funzionano e quali interessi ci potrebbero essere dietro è importante per essere coscienti di “come gira il mondo” ed evitare manipolazioni. Non fraintendiamoci però! Credo che la tecnologia possa portare cambiamenti e comportamenti molto positivi nelle nostre vite, soprattutto grazie a una serie di innovazioni che diventeranno sempre più presenti, tra cui intelligenza artificiale, realtà virtuale, assistenti vocali.

Influenzato dal mondo mobile, sembra che il design non abbia più come obiettivo primario la valorizzazione estetica del prodotto, ma l’experience. Quale caratteristica estetica o funzionale ci permette di definire un design innovativo?

La valorizzazione estetica è sempre stata solo una parte di quello che si intende per “design” e oggi abbiamo una concezione molto più ampia con l’Human Centered Design (HCD) in testa. Le caratteristiche più importanti sono quelle che riguardano i comportamenti facilitati o rafforzati da un tale design, sia dal punto di vista hardware sia dal software. Creare prodotti, servizi ed esperienze che siano semplici ma intuitive, gradevoli ma anche efficienti.

Un altro topic centrale è quello dei Dati che vanno interpretati e codificati, ma soprattutto utilizzati. Come?

Il “come” interpretare e codificare i dati lo lascio agli esperti e nel programma saranno in tanti. Sicuramente non possono essere ignorati ma neanche accumulati senza avere un’idea chiara di cosa farsene. Nel nostro piccolo, vorremmo portare la testimonianza di organizzazioni diverse che usano i dati in modo innovativo per supportare le loro attività, che si tratti di gestire crisi, di modificare il modo di fare affari, di creare nuovi prodotti o servizi e scoprire nuovi talenti.

Ma i dati non promuovono l’innovazione, anzi a volte possono essere limitanti. La vera innovazione non dovrebbe anticipare i bisogni?

Il termine “innovazione” viene spesso abusato per scopi di marketing e comunicazione e dal mio punto di vista non esiste un modo unico di innovare, da quello incrementale a quello radicale. I dati possono promuovere la creazione di nuovi prodotti e servizi innovativi attraverso la miglior comprensione dei comportamenti degli utenti, la scoperta di correlazioni e rapporti di causalità che sarebbero impossibili a occhio nudo. Certamente possono essere anche limitanti, soprattutto se la raccolta e la successiva analisi non sono quelle giuste. Secondo me i dati possono arricchire e supportare l’intuito di chi fa innovazione, completando altri modi di fare innovazione.

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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