IntervisteWomen for businessMary Franzese: “Credo nell’importanza dei sogni, ma anche nel coraggio di realizzarli”…

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Quello che serve oggi è proprio l’essere tenaci e avere coraggio.
Tante volte ti viene da mollare tutto

Giovane startupper, tra le 12 donne finaliste EU Prize for Women Innovators 2017, co fondatrice di Neuron Guard, un collare refrigerante che riduce il rischio di lesioni cerebrali in caso di ictus e trauma cranico. La storia di Mary Franzese inizia ad Ottaviano in provincia di Napoli, prosegue a Modena e poi in tutto il mondo. Il suo percorso è ricco di spunti non solo per le donne, per i giovani, per chi parte dal Sud Italia e si sente svantaggiato, ma soprattutto per chi vuole fare impresa in Italia. La contatto attraverso il suo profilo facebook e accoglie subito il mio invito. La nostra chiacchierata inizia proprio parlando della sua impresa, o meglio della sua scelta di vita, perché è così che Mary la definisce. “Neuron Guard mi ha sconvolto la vita, mi ha spinta a cambiare. Ho sempre avuto un carattere piuttosto ambizioso, ero più timida prima, mi nascondevo, ero un carattere che non usciva molto fuori, preferivo dire sempre le cose in modo pacato. Poi l’esperienza manageriale, l’aver gestito una cooperativa e soprattutto l’essere andata via di casa che mi ha costretto a rimboccarmi le maniche”. “Vengo da una famiglia in cui mio padre è partito come venditore ambulante ma ha poi formato un’azienda, mia mamma casalinga ha dovuto studiare fino alla quinta elementare perché aveva una famiglia numerosa. Ho sempre riconosciuto il sacrificio dei miei. E se l’ha fatto mio padre 50 anni fa posso farlo anche io oggi. Difficilmente mi accontento, riconosco i miei limiti, ma cerco sempre di meglio nella mia vita”.

Io credo che in questo momento tu sia portatrice di un bel messaggio. Trasmetti positività. Una ragazza di 30 anni che vuole fare qualcosa di importante per gli altri, lanciando sul mercato un prodotto innovativo che può migliorare la vita di tante persone. Eppure stai incontrando tante difficoltà soprattutto in Italia. Come mai?

Io parlo sempre di una visione molto miope. All’italiano piace il risultato immediato. Piace soprattutto avere un ritorno elevato rischiando poco. Poi c’è troppa burocrazia e il settore del medical device richiede tanto tempo e tanti soldi e quindi è completamente in controtendenza rispetto allo scenario attuale. A Neuron Guard tante volte sono state richieste prove continue, all’inizio ci chiedevano brevetti e poi prove su pazienti. Riuscire ad avere una prova sull’uomo per un dispositivo che non esiste sul mercato, ma che potrebbe generare un impatto dal punto di vista socio economico assistenziale, spaventa molto. Un altro limite delle aziende startup è “fino a quando non c’è management con esperienza alle spalle difficilmente si dà credito ai giovani”. In Italia si pensa sempre che se non hai storicità non sei credibile. Io credo molto nell’importanza della reciprocità, così come io ho tanto da insegnare al senior, allo stesso modo il senior ha tanto da insegnare a me. Ci deve essere maggiore collaborazione tra chi ha esperienza manageriale e chi ancora non l’ha maturata, ma ha delle idee. Ciò che manca a noi giovani è l’essere più ponderati, che però ci porta a rischiare. E invece agli adulti manca questo, fanno scelte ponderate e rischiano poco. Per questo mi concentro sulla collaborazione continua tra tutti gli stakeholder del nostro sistema. Noi giovani abbiamo necessità di comunicare con le istituzioni, con le aziende (che hanno già risultati) e con i manager già affermati, e soprattutto confrontarci con chi ha già fatto un’esperienza come la nostra.

In effetti in Italia manca un sistema di connessione soprattutto fra le startup. Non si percepisce il fatto che le idee innovative siano un’opportunità di evoluzione per tutti.

Si lo so è così. Considera che io sono finita al Parlamento Europeo come finalista, cosa che può essere motivo di orgoglio per tanti, ma che in realtà mi ha riconosciuto solo una parte della stampa. Tra le startup invece non ho sentito: “Cavolo siamo contenti per te”. Ma sono stata sostenuta dalle donne e il Sindaco del mio Paese che mi ha fatto un in bocca al lupo. Purtroppo però nessuno che lavora in una startup o fa impresa ha condiviso con me quest’esperienza.

A proposito di donne. Io ho conosciuto la tua storia andando ad un evento di PWA su Donne e Tech. Mi chiedo esiste la collaborazione tra le donne oggi?

Guarda quando hanno pubblicato un articolo sul Corriere della Sera dove mi avevano inserito tra le giovani imprenditrici under 30, non puoi capire i commenti che sono arrivati. Scandalosi. Ragazzine che accusavano me e altre donne di aver fatto scuole private e di avere i genitori alle spalle. Ma io mi chiedo, come volete andare avanti se non riconoscete il valore e la fatica degli altri?

Parliamo di Neuron Guard, cos’è e come funziona e a che punto siete adesso con lo sviluppo del prodotto?

Siamo in attesa di ricevere il dispositivo in Italia che non è altro che il prototipo che verrà testato sui volontari umani. Nel giro delle prossime settimane verificheremo la gestione della temperatura attraverso il nostro collo (vedremo il modo in cui i parametri vitali cambiano.) Nel frattempo stiamo preparando tutta la parte dello studio clinico che verrà fatta in Ospedale, quello scelto è stato l’Ospedale Addenbrooke’s di Cambridge. Siamo stati selezionati da loro e da lì è iniziata una collaborazione con l’Ospedale e il partner inglese che si occuperà dello sviluppo del prodotto. Siamo entrati a far parte del Brain Injury Health Technology Co-operative (HTC), branch del Cambridge University Hospitals NHS Foundation Trust e dell’Università di Cambridge, dove vengono inseriti i progetti meritevoli che possono cambiare il modo di affrontare i danni cerebrali. Poi ci sono i nostri prossimi passi, tra cu i test pilota su pazienti in terapia intensiva, cioè quelli che sono usciti dalla sala operatoria. L’obiettivo è verificare in che modo il nostro dispositivo può gestire la temperatura del paziente a partire dal collo e come esso riesce a preservare il patrimonio neuronale del paziente post intervento chirurgico. Successivamente il dispositivo verrà certificato, ci sarà la pubblicazione scientifica dei risultati e infine arriverà sul mercato. Orientativamente crediamo nel secondo semestre del 2018.

Neuron Guard | Dotmug

L’Università di Cambridge sta credendo molto in voi, ma invece dall’Italia che tipo di aiuto state ricevendo?

Anche in Italia si sta credendo in noi. Siamo in contatto con l’Humanitas Research Hospital di Rozzano, il Policlinico di Milano, il Campus Biomedico di Roma, il Policlinico di Palermo, abbiamo contatti a Modena tra Università e Policlinico. Ma il primo studio pilota verrà fatto in Inghilterra. La nostra Regione, l’Emilia Romagna, ci ha dato il primo finanziamento e poi ci ha aiutato tanto il tessuto che ci circonda nel territorio modenese. E la prima azienda che ha creduto in noi è una realtà di Vignola, loro fanno sistemi elettronici avanzati, e Leo, che è l’amministratore, ha sentito la nostra storia e ci sta aiutando tantissimo. In particolare si stanno occupando del sistema elettronico avanzato dell’unità di controllo, ovvero la piattaforma tecnologica del collare, che mi dice in che modo sta funzionando il dispositivo e raccoglie tutti i dati del trattamento. Per noi giovani avere l’aiuto di un’azienda già affermata sul mercato è davvero importante. Quello che serve oggi è proprio l’essere tenaci e avere coraggio. Tante volte ti viene da mollare tutto. Ma io mi dico sempre “Cavolo io ci ho creduto, ho investito dei soldi, ci sto investendo tanto tempo. Per me Neuron Guard è vita così come vita è Neuron Guard, perchè mi ha dato la possibilità di crescere come donna e confrontarmi con un mondo che fa a cazzotti tutti i giorni. Ma io vado avanti, non mi arrendo”.

Ma secondo te c’è un limite di tempo per credere nel proprio sogno? Un limite di tentativi?

No, non c’è limite di tentativi. Penso sempre alla capacità che noi donne abbiamo, che difficilmente vedo negli uomini, il fatto di saperci reinventare continuamente. Sarà per nostra natura. D’altronde la vita viene da noi. Sarà per la sensibilità diversa anche nel fare impresa. La donna è nata per soffrire, penso al ciclo, alla gravidanza, al parto. La donna è forte. La donna sa trovare sempre una strada per ottenere quello che vuole. È importante avere un obiettivo chiaro e credo nella necessità di poter cambiare il percorso con le risorse che si hanno a disposizione. Dico sempre “Credo nell’importanza dei sogni, ma anche nel coraggio di realizzarli. Io mi definisco una sognatrice coraggiosa che ha voglia di veder il suo sogno realizzato. Perché solo sognare mi porta tra le nuvole, ma io voglio avere i piedi ben puntati su un terreno solido. E il terreno è solido quando sono pronta a ridefinire il percorso e cambiarlo, questo è lo spirito imprenditoriale. E anche le aziende devono affrontare il costo del lavoro che cambia, la concorrenza, un sistema di tassazione rigido, ma io credo nella capacità degli italiani di rialzarsi continuamente. Siamo il popolo che soffre di più da un punto di vista di pressione fiscale, ma l’italiano ce la fa sempre soprattutto il meridionale. Non ci accontentiamo di cosa offre il territorio, ma non ci dimentichiamo delle nostre origini. Infatti a volte mi criticano “Tu te ne sei andata”. Ma io vorrei solo dire che il mio obiettivo non guarda solo a Modena e all’Italia ma all’umanità.

Cos’è per te la tecnologia?

In effetti a me la tecnologia ha cambiato la vita e me l’ha semplificata. Mi fa lavorare in qualsiasi posto, senza la tecnologia non riuscirei a lavorare. Grazie ai passi avanti riusciamo a fare molte più cose rispetto a prima. Pensa anche al nostro semplice device. Il collare Neuron Guard supera i limiti di un altro collare che stanno già sviluppando negli Stati Uniti. Noi abbiamo portato la tecnologia nel prodotto quindi sistema di controllo, raccolta dei dati, la possibilità di tracciare il percorso che fa il device. Nel momento in cui il device viene attivato, avendo il GPS interno, io posso ricevere tutta una serie di informazioni utili. La tecnologia ha cambiato anche il nostro modo di lavorare. Neuron Guard ha una base a Modena, ma in realtà a parte le due scrivanie in ufficio le nostre collaborazioni ci portano ad essere sempre in giro.

Quando si vogliono realizzare i propri sogni è importante avere cultura, ma anche ammettere i propri limiti.

Io credo nell’umiltà. Io sono diventata la donna di oggi perché ho ascoltato e non necessariamente chi ha un curriculum più arricchito rispetto al mio, ma anche la signora che incontro per strada. Le persone possono avere delle storie che hanno tanto da insegnarci. Mia madre ad esempio si è dovuta fermare alla quinta elementare, ma mi ha insegnato il coraggio di dire “ce la devo fare”. Bisogna sempre riconoscere il valore degli altri. Va bene l’empowerment femminile, ma noi donne dobbiamo cercare la collaborazione maschile perché da sole non andiamo da nessuna parte.

La tua famiglia come vive tutto questo, ti sostiene?

La mia famiglia ora mi sostiene tanto e crede tanto in me. Sono molto contenti del percorso che ho avviato. All’inizio erano un po’ restii perché sono andata via, ho mollato un’esperienza imprenditoriale a casa per iniziare un master, perché mi dicevo io voglio di più. Ma lo scontrarmi con loro è stato uno stimolo. Ho pensato che dovevo fare di tutto per farmi sostenere. E ora non mi cullo sul loro sostegno. Il sostegno della famiglia lo trovo necessario per affrontare qualsiasi difficoltà, è importante che ti diano un calcio nel sedere quando stai sbagliando ma anche una carezza quando stai facendo bene

Invece gli amici, le persone vicino a te come hanno reagito?

Io sono stata giudicata una visionaria. Tutti mi dicevano: ma come trascorri le tue giornate, cosa porti a casa? Sono stata presa per pazza all’inizio. Anche perché fare impresa e portare sul mercato innovazione è un percorso di vita. Ma scontrarsi ogni giorno con persone che non credono in te ti permette di crescere, di cercare il modo per farti comprendere dagli altri, sempre e comunque con una grande dose di umiltà.

Cosa vuoi dire a tutti quelli che ti leggono, che tipo di messaggio vuoi lasciare?

Quando tutto sembra troppo complicato bisogna andare oltre e trovare le condizioni per farcela. Bisogna convincere gli altri. Io non ho mai cercato scuse.

E ci sarebbe ancora tanto da dire e raccontare, ma semplicemente mi viene da dire “In bocca al lupo” Mary!

 

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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