IntervisteStartupLast Minute Sotto Casa: l’App che combatte lo spreco alimentare

Federica Galeazzi7 anni ago18 min

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Solo in Italia, ogni giorno, lo spreco di cibo si aggira intorno alle 10 mila tonnellate.

Un terzo del cibo prodotto globalmente e finalizzato al consumo va perso o gettato.

Il 40% dello spreco di cibo avviene in casa o nella vendita al dettaglio.

Questi dati, pubblicati dalla Commissione Europea, non lasciano indifferenti. O almeno non hanno lasciato indifferente Last Minute Sotto Casa, start up torinese che combatte lo spreco alimentare attraverso un’App. Il meccanismo è molto semplice: l’utente si registra, indica la propria zona di residenza e riceve gli alert dai negozianti limitrofi che, a poche ore dalla chiusura dei negozi, hanno prodotti ancora freschi, ma invenduti, e pertanto acquistabili fino al 50% di sconto. Solo a Torino l’App ha ridotto gli sprechi mensili fino a 3 tonnellate di cibo. “Un progetto win win win” sottolinea Francesco Ardito, co-founder e amministratore delegato dell’azienda, perché porta benefici a tutti: “vince il cliente, che acquista in offerta un prodotto fresco di giornata; vince il commerciante che incassa invece di sprecare i prodotti invenduti e trova nuovi clienti, vince il pianeta grazie alla riduzione sensibile degli sprechi alimentari“.

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Francesco Ardito, co-founder e amministratore delegato di Last Minute Sotto Casa

Ma come nasce Last Minute Sotto Casa?

Come dico spesso quando me lo chiedono, LMSC nasce casualmente per soddisfare un mio fastidio personale: quello di vedere buttare via anche solo 2 pezzetti di pizza dalle panetterie in prossimità dell’orario di chiusura. Ho iniziato a chiedere proprio ai panettieri che fine facessero quei pezzi di pizza e purtroppo la risposta più frequente era “li butto”. Poi un giorno ho cominciato a chiedermi che fine facessero le banane di un piccolo fruttivendolo che espone sul banco della frutta un casco di banane che comincia ad annerire ed uno invece ancora giallo. Che fine avrebbero fatto quelle che cominciavano ad annerire? E così, facendo una chiacchierata con i panettieri, i fruttivendoli, i pasticceri, i macellai del mio quartiere scopro che quasi tutte le sere qualcosa viene buttato. Una sera, proprio uscendo da una pasticceria con cui avevo scambiato due chiacchiere per capire che fine avrebbero fatto i 10 cornetti avanzati dalla colazione, alzo gli occhi al cielo, verso i palazzoni alti e residenziali del mio quartiere, e mi accorgo che proprio in quei palazzoni ci vivono migliaia di persone e che ognuna di quelle persone ha uno smartphone in tasca. E allora mi sono chiesto: ma se il pasticcere potesse uscire dal suo negozio e urlare a tutte le persone che abitano lì intorno che vende 10 cornetti a 10 centesimi l’uno, cosa succederebbe? Come minimo: lui ci guadagnerebbe un euro, che diversamente non avrebbe guadagnato; 10 persone potrebbero fare colazione con un cornetto che hanno pagato niente e abbiamo evitato di buttare del cibo ancora buono. Ed ecco che abbiamo vinto tutti!

Oggi si sente parlare spesso di social innovation. In che modo l’innovazione è venuta incontro al problema sociale dello spreco?

 Molto. Se non ci fosse internet e non ci fossero gli smartphone, LMSC oggi non esisterebbe e il pianeta non ci potrebbe ringraziare ogni mese per le tonnellate di cibo che evitiamo vengano sprecate. È evidente che la tecnologia ci ha aiutato moltissimo, anche se il nostro modo di utilizzarla non trascura l’aspetto sociale. Rispetto a E-bay o Amazon, per esempio, che hanno un processo di acquisto che inizia e si chiude all’interno di una scatola tecnologica, il nostro progetto di fatto non esisterebbe se non ci fosse il contatto fisico con il panettiere, il fruttivendolo, il macellaio. Quindi usiamo la tecnologia, ma la finalità è anche sociale: in qualche modo aiutiamo la gente a fare la spesa spendendo un po’ di meno e allo stesso tempo aiutiamo gli esercenti a sopravvivere.

Grazie alla vostra App, più o meno quanto cibo in meno si spreca oggi in Italia?

Stimiamo tra le 3 tonnellate e le 3 tonnellate e mezzo di cibo ogni mese. Lo sappiamo grazie a Gaia, una persona interna al nostro staff che di lavoro fa proprio questo: alza la cornetta del telefono e chiama i negozianti per sapere quanto peso di prodotto alimentare va via in offerta grazie a LMSC. Questo ci consente di avere un dato attendibile, seppur indicativo, sullo spreco medio di un negozio e sulla quantità di cibo che non diventa spazzatura. Il nostro megafono digitale, perché LSMC è proprio questo: un megafono digitale, è un progetto win win win, proprio perché a vincere non è soltanto il negoziante, che si mette qualche soldo in più in tasca, ma anche il cittadino, che si tiene qualche soldo in più in tasca. E il pianeta che ringrazia, ovviamente.

Ma se ci guadagnano tutti, LMSC come ci guadagna? Il vostro business model?

Noi abbiamo avuto la bravura, la capacità e anche la fortuna di vincere molti, moltissimi premi prestigiosi, che ci hanno portato fin da subito tanti riconoscimenti e tante belle targhe che esponiamo in ufficio. Ti parlo di Lega Ambiente, di Confcommercio, del premio dei premi dal Presidente della Repubblica… ma al di là di questi premi, siamo stati bravi a vincerne alcuni molto interessati, uno dei quali a livello internazionale, che ci ha portato in cassa 250 mila euro cash. Questo ci ha consentito fin da subito di avere innanzitutto una cassa non proprio irrilevante e poi di non avere fretta di monetizzare, perché non c’è niente di più sbagliato che uscire con un business model completamente diverso rispetto a quello che poi funziona realmente. La pazienza e l’ascolto dei negozianti e dei cittadini ci ha permesso di mettere a punto il modello di business attuale, attivo su Torino e su Milano, che prevede che il cittadino non paghi mai nulla e che i negozi, dopo un periodo di prova di 2 mesi, versino una fee mensile fissa.

Al momento siete attivi a Torino, la vostra città natale, e nelle principali piazze italiane. Quali sono le vostre prossime tappe?

Stiamo seriamente lavorando ad espanderci, grazie anche all’ingresso ufficiale in LMSC di un colosso mondiale, UP Group, una multinazionale francese, la seconda al mondo per dimensione in materia di buoni pasto e presente in 17 Paesi nel mondo. L’Amministratore Delegato, durante una mia presentazione a Expo, si era interessato al progetto e la scorsa estate il gruppo è entrato ufficialmente in LMSC sia con del capitale che con una struttura marketing e commerciale che oggi lavora per spingere il progetto oltre i confini nazionali. Proprio un mesetto fa a Roma abbiamo fatto la riunione con gli AD di alcune Country europee che hanno manifestato l’interesse a replicare il modello, in particolare Spagna e Portogallo.

Cosa distingue l’Italia rispetto al mercato internazionale in materia di sprechi?

Sicuramente nei paesi del Nord Europa c’è una cultura più attenta allo spreco. Ho visto con i miei occhi moltissime iniziative interessanti nei ristoranti dell’Europa del Nord che cucinano esclusivamente con cibo destinato allo scarto. Diciamo che in Italia siamo ancora un po’ indietro rispetto a queste iniziative, ma l’introduzione della safe bag o doggy bag è già un passo avanti e oggi, anziché vergognarci, chiediamo una vaschetta per portare a casa gli avanzi di cibo del ristorante. Proprio Cookie insieme a Banco Alimentare ha lanciato questa iniziativa, la safe bag appunto, per cui Cookie dà a tutti gli esercizi commerciali che vogliano farne uso le sue vaschette per portare a casa il cibo. La nostra forza deriva anche dalla Legge Gadda che dopo la Francia è passata anche in Italia e sicuramente faciliterà dal punto di vista burocratico il processo di donazione per chi abbia delle eccedenze. Mentre prima era molto impegnativo da un punto di vista burocratico, adesso è tutto molto più semplice. Anzi: in Italia la legge, rispetto a quella francese che è molto più punitiva, sprona e facilita la gestione dello spreco.

 

Federica Galeazzi

People Watcher, Marketer, Mum. La mia insaziabile curiosità nella vita chiede di essere accompagnata da altrettanto forte intensità nel lavoro. Per questo scrivo.

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