TrendsWestworld, la serie tv manifesto della realtà aumentata

Leo Mauriello7 anni ago10 min

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Il tema della realtà virtuale non è nuovo, infatti la filmografia anni ’90 è piena di produzioni e suggestioni, di cui Matrix è solo la vetta più alta. Anche il soggetto non è certo stato scritto ieri, poiché si tratta di un remake de “Il Mondo Dei Robot” del 1973.  Eppure Westworld, la serie tv prodotta da HBO, è un manifesto creativo e apocalittico, una chiave di lettura efficace per decifrare la cultura digitale dei millennials, che improvvisamente non sembrano più interessati ai social (in senso tradizionale). Infatti l’esperimento di Spectacles (Snap è sicuramente la company che più punta sui Millennials) in tal senso è di una lungimiranza ammirevole.

Di sfondo una domanda inquietante: quanto la nuova realtà renderà i Millennials liberi dai freni inibitori e schiavi degli istinti?

La trama di Westworld (no spoiler)

Un parco a tema del futuro è popolato da androidi dalle fattezze umane, gli host. Gli androidi sono progettati per assoggettarsi agli istinti più bassi e perversi degli ospiti, i newcomer.  Sesso, morte, attitudini inconfessabili sono così rappresentati in uno scenario Western alla Sergio Leone.  Lo sviluppo tecnologico è costante per migliorare “l’experience” dei visitatori e gli Androidi diventano sempre più umani. Assistiamo ad un continuo assottigliarsi del confine che passa tra uomo e macchina, che sarà proprio l’inizio di una serie di problemi.

Una nuova concezione della realtà virtuale

Ma tornando alla questione principale… perché Westworld è un manifesto della cultura digitale dei millennials? La cosa che balza immediatamente agli occhi è che la realtà virtuale di Westworld non costituisce più “realtà artificiale” ovvero creata dal computer, cosa che tradizionalmente accade nella letteratura e nei film di genere. Westworld è semplicemente una realtà altra, un non luogo (tema caro a Michael Crichton). Ed è proprio questa la chiave di lettura più interessante. Il digitale non crea altri mondi, ma piuttosto contesti nuovi. Mondi in cui l’essere umano si sente illusoriamente più libero di agire, in cui può incattivirsi, dare sfogo ai propri istinti. Convinti che i comportamenti rimarranno lì, confinati in una realtà completamente slegata dal quotidiano… Reputation, lavoro, privacy, rapporti formali sembrano concetti completamente superati.

Ma pensiamo anche ai fenomeni di sexting, throlling, epic fail… il meccanismo psicologico è del tutto simile. Lo schermo – non importa di che dimensione – funge da filtro e cornice di una realtà altra. In cui è più semplice assumere comportamenti sconsiderati.

Essere umano e realtà aumentata 

Ma la riflessione sulla realtà virtuale non è puramente sociologica… in qualche modo è anche predittiva. Gli androidi, gli host, ci aiutano a capire che una realtà pur se alternativa non esiste senza uno scambio sociale. In Westworld la macchina deve essere più simile possibile agli esseri umani, perché qualsiasi realtà è percepita come tale solo se “l’altro” la può confermare (ecco perché Second Life è morto). Come lo schermo anche il visore, i glass, la fotocamera adaptive hanno il potere di essere cornice di una realtà altra.

Leo Mauriello

I'm characterized by a great curiosity, that drives me to achieve important goals and new challenges. I'm a web and digital marketer mainly focused on digital strategy and social advertising with design, programming and digital analyst skills.

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