IntervisteSkiddi, la qualitá del design italiano su Kickstarter

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Non scoraggiatevi di fronte ai primi ostacoli e ai primi “gufi” che diranno che l’idea non è buona. Io in questo senso mi sto già prendendo grandi rivincite oltre che grandi soddisfazioni! 

Durante l’evento Start App e Crowdfunding, siamo rimasti affascinati dalla presentazione di Sergio Pedolazzi. Nel panorama degli investitori dominato adesso dal mondo digital, è interessante conoscere il percorso che sta dietro il lancio di un prodotto pratico, utile e di grande impatto. SKIDDI, un micro-trolley in plastica riciclata, di diversi colori, del peso di 86 grammi e delle dimensioni di un uovo e si utilizza per trasportare gli sci. Infatti è davvero curioso osservarlo e anche tenerlo tra le mani, Sergio ce lo mostra, è piccolo e maneggevole, incredibile che abbia una tale potenzialità sul mercato.

Del suo pitch mi colpisce la semplicità, il modo in cui si approccia ad argomenti come posizionamento e trend di mercato. Dalle sue parole si nota la passione per lo sport e il fatto che “Skiddi” sia nato da un bisogno concreto. Si sa che le idee migliori nascono proprio così!

Comè nata lidea di Skiddi e quando ti sei reso conto che poteva essere vincente?

L’idea di Skiddi nasce, come spesso accade, da un’esigenza o per risolvere un problema vissuto in prima persona, e nel mio specifico caso era quello di agevolare il trasporto degli sci, laddove bisogna percorrere un tragitto medio lungo, dai parcheggi o dall’albergo fino agli impianti di risalita.

Mi sono chiesto se non esistesse già qualche dispositivo che poteva aver risolto il problema ma non trovando niente, decisi di crearlo da me. Ho cominciato a realizzare i primi schizzi e disegni, e i primi prototipi, cambiando forma e dimensione decine di volte per trovare la giusta soluzione, che nella mia testa doveva rispondere ad alcuni requisiti: doveva risultare semplice, piccolo, tascabile e colorato…e fu allora che mi venne l’illuminazione: un piccolo ovetto con le ruote retraibili, a cui diedi il nome di SKIDDI.

Comè avvenuto il passaggio dallidea alla stampa in 3D?

In realtà prima di arrivare alla stampa 3d il percorso che mi ha portato allo sviluppo di Skiddi è stato lungo e complesso…all’inizio ho provato a creare prototipi con diversi materiali, dal legno alla resina con stampi in silicone, ma con risultati scarsissimi… il passaggio alla stampa 3d è avvenuto grazie ad un articolo che lessi su una rivista circa 2 anni fa: ne rimasi completamente affascinato e fu allora che cominciai ad avvicinarmi al mondo dei makers.

Compresi subito che la stampa 3d era l’anello mancante che mi avrebbe consentito di realizzare agevolemente e a basso costo nuovi prototipi, sperimentando forme nuove, raggiungendo un modello di SKIDDI funzionale ma anche esteticamente “cool”!

Quando e comè nata lidea di inziare una campagna su Kickstarter?

 

Quando ho deciso di intraprendere per SKIDDI il lancio di una campagna di crowdfunding, conoscevo ancora poco questo mondo. Ho iniziato a studiare a fondo il fenomeno (che ancora pochi conoscono soprattutto in Italia), cercando di capire come funziona, quali sono le piattaforme esistenti e dove sono localizzate.

Il risultato di questa analisi mi ha quindi fatto approdare sulla piattaforma americana Kickstarter, evitando le piattaforme italiane (che stanno piano piano nascendo e crescendo, ma che per ora non possono garantire numeri interessanti e soprattutto non possono competere con le piattaforme americane). Perchè Kickstarter? Innanzitutto rappresenta la più importante piattaforma e community a livello globale, esiste dal 2009 e raccoglie  più di 8 milioni di utenti. Credo che oggi sia la migliore piattaforma per lanciare un progetto creativo, anche se effettivamente accedervi non è stato affatto semplice.

Per farlo infatti mi sono appoggiato all’incubatore D-Namic di Brescia, l’unico Incubatore certificato che oltre ad essersi specializzato nello studio e nell’analisi delle campagne di Crowdfunding, si è subito innamorato dell’idea di Skiddi, ci ha creduto, e a differenza di altri incubatori che fanno solamente da mentor ha veramente investito nell’idea. Inoltre, avendo D-Namic una partecipata in California proprio per accogliere progetti come il mio, mi ha consentito di lanciare la campagna senza la necessità di aprire una mia società in America.

Ovviamente non bisogna pensare che lanciare un progetto con il crowdfunding sia semplice e una volta avviato funzioni “da solo”. Al contrario, ho impiegato più di 6 mesi per la preparazione al lancio, seguendo delle regole ed una pianificazione studiata nel dettaglio, senza il quale nessuna campagna potrà mai avere successo.

Il mercato potenziale è abbastanza vasto, parliamo di 105 milioni di sciatori, qualè stata la loro reazione al prodotto?

Esattamente, a livello globale ci sono più di 105 Milioni di persone che sciano (e parliamo solo di sciatori e non snowboarder) la loro reazione, almeno per coloro che sono transitati su Kickstarter o sono venuti a conoscenza del prodotto attraverso i media internazionali, è stata molto positiva; considerando che devo ancora raccogliere tutti i dati della campagna, posso già fare alcune valutazioni in quanto il prodotto è stato ordinato già in circa 40 Nazioni sparse in tutti i continenti, dall’America, Europa, all’Australia, dal Giappone al Qatar.  Inoltre, poiché attraverso la piattaforma Kickstarter si può interagire con i backers (ossia i donatori che hanno ordinato il prodotto), sono assolutamente soddisfatto anche di tutti i commenti positivi e dei complimenti ricevuti in questo mese!

Lobiettivo minimo della raccolta su Kickstarter è stato fissato in 10 mila dollari, che sappiamo raggiunti in due. E adesso? Quale sarà il prossimo step?

Contando che l’obiettivo principale è stato ampiamente raggiunto, in tempi brevissimi, a riprova che la pianificazione attuata ha funzionato alla perfezione, il vero obiettivo della campagna di crowdfunding è il fatto che essa, oltre a rappresentare un ottimo e immediato strumento di autofinanziamento, sia un pontentissimo strumento di marketing: in poco più di un mese infatti, prima ancora di avviare la produzione, il crowdfunding consente di avere una visibilità assoluta a livello globale, oltre che fare una ricerca di mercato immediata e capire in anteprima il posizionamento sul mercato del prodotto stesso, in termini di quantità e geolocalizzazione del “futuro compratore”.

Il prossimo step è quindi quello di raccogliere tutti i dati emersi dalla campagna e soprattutto sfruttare la visibilità mediatica che ha generato. Grazie ad essa ho già ricevuto parecchie richieste da parte di negozi, distributori e aziende provenienti da diversi stati e aree geografiche, dall’Austria alla Svezia, dagli UK all’America, tutte interessate alla commercializzazione del prodotto, e quindi i prossimi mesi mi vedranno valutare e sviluppare questi contatti e portare avanti importanti trattative.

Sappiamo che dallidea alla realizzazione della strategia hai impiegato non poco tempo. Quale consiglio ti sentiresti di dare a chi in questo momento pensa di avere lidea vincente?

In Italia stiamo vivendo un momento cruciale, in cui la crisi economica ha generato un grande calo e sconforto in termini di occupazione giovanile. Dall’altra parte, in contrapposizione a questa crisi, vedo però anche un enorme fermento da parte di giovani creativi con idee eccezionali che, spinti da questo momento di incertezza e cambiamento, vorrebbero trasformare i loro progetti in qualcosa di concreto, e lasciare il loro segno in questa vita!

Non ho ovviamente la presunzione di insegnare nulla a nessuno, ma in questo senso, posso assolutamente condividere mia esperienza, e dare qualche consiglio che può essere utile ad avere un quadro generale dell’impegno e degli ostacoli che bisogna affrontare, piuttosto che consigli su come non commettere errori banali. Innanzitutto, se l’idea consiste in qualcosa di unico che potrebbe essere protetto da un brevetto, consiglio di non divulgare nulla fino al deposito (una predivulgazione potrebbe infatti compromettere il brevetto stesso). Contestualmente bisogna realizzare un prototipo (sia esso materiale o digitale) e cominciare a testarlo per validare la funzionalità. Tutto questo deve però essere accompagnato da un profondo studio del mercato di riferimento, capire il modello di business, i principali competitors e come rendere il proprio prodotto migliore e unico.

A questo punto però il lavoro si fa duro, e difficilmente si può procedere da soli. Un altro spassionato consiglio è quindi quello di trovare collaboratori che credano fortemente nell’idea, con cui condividere il progetto e suddividersi i ruoli: oppure affidatevi a percorsi di accelerazione, come quello fornito dall’incubatore D-Namic, che possa comprendere e aiutarvi nel processo di sviluppo e posizionamento sul mercato, e perchè no, pianificare una campagna di Crowdfunding.

E poi, ovviamente non scoraggiarvi ai primi ostacoli e ai primi “gufi” che diranno che l’idea non è buona. Io in questo senso mi sto già prendendo grandi rivincite oltre che grandi soddisfazioni!

Hai comunicato di voler produrre Skiddi esclusivamente in Italia. Non avresti più margini nel produrre allestero?

Non solo l’ho comunicato, ma ho preso l’IMPEGNO di sviluppare il prodotto completamente in Italia. Qualcuno potrebbe prendermi per matto, ma credo fermamente che fare impresa in Italia si può e si deve fare, soprattutto quando si parla di un ambito manufatturiero e non “digital” . Se infatti l’Italia da un lato può spaventare in termini di lungaggini burocratiche e problematiche strutturali per fare impresa, dall’altro lato può contare su un livello di qualità produttiva senza eguali nel mondo! Conosco troppe persone e società che, volendo lanciare produzioni nei paesi dell’Est, dove si possono ottenere bassissimi costi di produzione (anche 10 volte inferiori all’Italia) e alti margini, sono tornate con le code tra le gambe, “rovinati” dalla scarsa qualità dei prodotti e pessima affidabilità dei fornitori low cost.

Partendo dal ragionamento opposto, il mio intento è quello di lanciare sul mercato non solo un prodotto di Design Italiano, puntando anche sulla qualità e l’eccellenza dell’industria manifatturiera italiana, perchè no, guardando anche al sociale: la produzione di Skiddi avverrà infatti attraverso la Società Cooperativa Airone di Pompiano (BS), che impiega personale svantaggiato con disagi fisico-psichico, e nel programma di reinserimento sociale prevede anche un’attività di produzione di materiali plastici. Questo significa per me, e per l’incubatore D-Namic, creare un meccanismo costruttivo di crescita, attraverso una filiera che vede un’attività di business, quindi profit, generare un impatto sociale positivo e soprattutto misurabile sul territorio: questo è perchè amiamo definire Skiddi un vero SOCIAL GOOD!

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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