Come funziona Periscope?
Periscope è semplicemente una finestra sulla realtà: la cam del telefono accesa e la diretta in social streaming in un momento e un luogo qualunque. Nessun filtro, nessuna regola… la sola possibilità di guardare gli stream, commentare e inondare lo schermo di cuoricini colorati attraverso un touch.
L’app ideata dagli statunitensi Kayvon Beykpour e Joe Bernstein e acquistata da Twitter all’inizio del 2015, è stata rapidamente resa disponibile sull’App Store dalla scorsa settimana (presto anche la versione Android). In un certo senso stiamo parlando di un app dall’interfaccia quasi inesistente e dalla tecnolgia non troppo complicata, eccetto che per la banda richiesta per il live streaming. Ma le potenzialità comunicative sono enormi: perché Periscope potrebbe diventare la chiave per il broadcasting in mobilità, capace di mostrarci le cose mentre succedono. I contenuti UGC dedicati a Citizen journalism, eventi, backstage più o meno rubati potrebbero aumentare vertiginosamente e in maniera anche incontrollata. Chi filtrerà gli streaming video per scongiurarne le violazioni della privacy, la trasmissione di contenuti protetti da copyright e i contenuti osceni?
Tanti gli interrogativi per una rivoluzione che però è già iniziata, a dire il vero un po’ in sordina nel mondo digital, preceduta da un’altra app molto simile (all’apparenza) Meerkat che rende possibile il live-twitting video.
I contenuti effimeri e la ricerca di un nuovo linguaggio
Abbiamo provato Periscope per circa 25 minuti, frugando sia tra gli streaming on air, che fra i contenuti in repository e dunque non live, postati nelle ultime 24h (il tempo di vita massimo di uno stream). La sensazione che ci resta è di spaesamento e in parte di frustrazione. Sia chiaro, non è un sentimento negativo per un primo test… bensì la percezione che ci sia qualcosa di diverso (e imprevisto).
Periscope è un linguaggio acerbo, incompiuto e spesso decisamente brutto dal punto di vista interattivo, ma che allo stesso tempo, produce qualcosa di nuovo. Contornati da mille cuoricini e commenti, si osservano centinaia di video, fatti da: “test… test… i’m live” e viaggi globali nei frigoriferi di tutto il mondo; decine di monologhi autoreferenziali (in una babele di lingue) e riprese furtive di improbabili convention aziendali; rumorosi viaggi in auto e decine di stanze vuote e disordinate. Dietro tutto questo si cela un voyeurismo mobile mai conosciuto prima d’ora, reso efficace dalla diffusione sempre più ampia della rete 4G. Un’immediatezza imprevista che per forza di cose non ha linguaggio, non ha strategie, somiglia ad un flusso energico e informe pronto ad essere disciplinato.
Periscope, usando lo smartphone come device, è ancora più efficace e invasivo dei Google Glass. Non è una soggettiva ma un personal media, e i media si sa nascono per essere cambiati e per rivoluzionare quelli pre-esistenti.
Leo Mauriello
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